Come nascono le copertine
Oggi la copertina è l’elemento che più di tutti caratterizza il libro, anche dal punto di vista del marketing. Un tempo, però, la copertina non esisteva
Per centinaia di anni i libri non si presentavano con quella che noi oggi chiamiamo “copertina”. Fu l’era industriale con il successivo aumento del pubblico dei lettori che portò gli editori a capire che la copertina poteva essere utilizzata per presentare il contenuto del libro e attrarre clienti.
Le prime non-copertine
I libri, sino agli anni Trenta del XIX secolo, non si presentavano con quella che noi oggi chiamiamo “copertina”.
Fino ad allora ogni acquirente faceva rilegare il proprio esemplare − che veniva venduto in fascicoli già ripiegati e composti − solo successivamente, secondo i propri gusti e le proprie possibilità economiche, nonché secondo le rilegature già presenti e disponibili presso la sua libreria di fiducia:
- quelle più economiche erano fatte in pergamena, o al massimo con un rinforzo in cartone
- quelle più pregiate, invece, erano rilegate con pelli conciate, talvolta addirittura con ricami in oro o gemme preziose
Il loro unico scopo era quello di conservare e custodire nel migliore dei modi le pagine al loro interno. Non c’erano immagini, incisioni, e raramente il titolo era riportato all’esterno. Editoria e legatoria erano quindi due attività ben distinte.
Copertine con brossure e cartoncini
Nonostante fino al XIX secolo le copertine non avessero ancora la funzione che riconosciamo loro oggi, le cose avevano già iniziato a cambiare nel Settecento:
- nelle grandi città si formò un pubblico di lettori sempre più vasto
- le tecniche di stampa migliorarono
- le tirature salirono
- nacquero le prime librerie con i libri a vista, che potevano essere consultati e sfogliati dai clienti prima dell’eventuale acquisto, rischiando così di essere sporcati, spiegazzati e rovinati già prima di essere venduti
Fu proprio in questo contesto che si iniziò a lavorare sull’involucro esterno del libro, cambiandone formati e materiale.
Inizialmente la soluzione fu proteggere i libri con brossure di carta e cartoncini color pastello (ciò ci rimanda inevitabilmente ai colori della Piccola Biblioteca Adelphi) su cui iniziarono a comparire piccole decorazioni, oltre al titolo, al nome dell’autore e dello stampatore.
Successivamente alcuni editori iniziarono a proteggere i libri con un cartoncino molto spesso, aperto da un lato (il moderno cofanetto, simile a quello che oggi protegge i Meridiani Mondadori), che si rivelò da subito un sistema costoso e poco pratico, adatto per lo più a libri di un certo spessore e non per gli almanacchi e i romanzi d’appendice, che invece cominciavano ad avere una vera e propria distribuzione di massa.
Altri ancora decisero di ricoprire il volume di stoffe rimovibili, come la seta, o di impacchettarlo sigillandolo con la ceralacca. In quest’ultimo caso gli involucri venivano buttati dopo aver scartato il libro, e per tale motivo a oggi ne sono rimasti ben pochi esemplari.
La potenzialità della copertina
Bisogna attendere la metà dell’Ottocento per incontrare la copertina con la sua forma e la sua funzione attuale:
- rendere ogni libro riconoscibile rispetto a un altro
- attrarre l’attenzione del potenziale acquirente
- fornirgli le informazioni necessarie per orientarlo verso l’acquisto
Lentamente si intuì la potenzialità della copertina come strumento di comunicazione, e si cominciò a pensarla in chiave estetica oltre che funzionale.
Gli editori scoprirono che lo spazio vuoto intorno al libro, l’involucro che custodiva e proteggeva il testo, poteva essere utilizzato per presentare il contenuto e attrarre clienti, e iniziarono così a concentrarsi su titoli e frasi a effetto, rivolgendosi anche a pittori e illustratori.
La prima copertina moderna è considerata quella di The Yellow Book, un trimestrale inglese uscito nel 1894 che coinvolse artisti famosi come Aubrey Beardsley. Quest’ultimo due anni più tardi avrebbe illustrato anche la Salomè di Oscar Wilde.
In Italia invece il primo esempio di copertina moderna risale al 1870 con Storia di una capinera di Giovanni Verga. La brossura azzurra ha una cornice, una piccola incisione centrale di una capinera su un albero, oltre al titolo, il riferimento all’autore e all’editore.
La copertina nell'era industriale
Sebbene, come afferma Ambrogio Borsani − il maggiore esperto italiano della storia dei libri e autore di alcuni saggi fondamentali sulla storia delle copertine − «nessuno inventò le copertine», questo fu piuttosto un «processo graduale, fatto di piccoli miglioramenti e soluzioni provvisorie che si stabilizzarono lentamente».
L’invenzione delle copertine risulta piuttosto essere il frutto dell’editoria industriale: quando il pubblico si allargò, i libri cominciarono a essere stampati in migliaia di copie e nacque l’esigenza di differenziarli e di attirare lo sguardo del pubblico.
Uno dei primi banchi di prova per le copertine non a caso furono le collane economiche pubblicate nelle società anglosassoni e pensate per i pendolari, o più in generale rivolte al proletariato e alla borghesia impiegatizia. I cosiddetti “penny serials” erano infatti libri a basso costo e ad alte tirature, stampati su carta economica, i quali, per contenere i costi ed essere immediatamente riconoscibili, puntarono sulla riproducibilità di alcuni elementi grafici fissi.
L’accelerazione decisiva arrivò tuttavia dopo la Prima guerra mondiale, quando con il Futurismo ci fu una vera e propria rivoluzione tipografica. Le sperimentazioni grafiche dei futuristi non si limitarono unicamente alla tipografia delle lettere e al potere evocativo del linguaggio, ma si allargarono alle forme, alle legature, ai materiali e alla stampa dei libri, intesi adesso come veri e propri oggetti. L’oggetto-libro iniziò a essere concepito in sé, indipendentemente dal testo, e ciò segnò un passaggio fondamentale.
Le nuove funzioni della copertina
La funzione delle copertine cambiava e si precisava. Non si trattava più di proteggere e rendere più bello un libro, ma di usare l’immagine per indirizzarlo verso il pubblico pensato dall’editore, utilizzando figure e grafiche che si presumevano più familiari al lettore cercato o immaginato.
Nei primi decenni del Novecento la pratica della copertina abbellita era così diffusa che artisti, grafici e illustratori cominciarono a trovare impiego stabile nelle case editrici, mentre il Dopoguerra segnò il boom anche per le collane economiche italiane: la BUR di Rizzoli nel 1949, Gettoni di Einaudi nel 1951 e Oscar Mondadori nel 1965, giusto per citarne alcune.
Il libro è adesso alla portata di tutti. La gara è a chi lo fa più bello.
E oggi?
Nell’editoria di massa contemporanea le copertine contengono, al di là del disegno, del titolo e del nome dell’autore, molte altre informazioni:
- premi e riconoscimenti ottenuti dall’autore
- citazioni di scrittori e critici ai quali il libro è piaciuto
- dati di classifica
- “strilli” che riportano altri dati, altri giudizi
Significativa appare dunque la riflessione che offre Jhumpa Lahiri nel suo Il vestito dei libri:
Non abitiamo in un mondo in cui la copertina possa semplicemente rispecchiare il senso, lo stile del libro. Oggi la copertina regge sulle spalle un altro peso. Il suo fine è molto più commerciale che estetico. Determina il successo o l’insuccesso del libro […] Credo che oggi l’editoria carichi le copertine di un’aspettativa sproporzionata. Devono attirare e conquistare il lettore frastornato e smarrito in una grande libreria: tra gli scaffali strapieni, o da un bancale coperto di titoli, deve scegliere proprio e solo questo. Nonostante l’enfasi sul suo ruolo, la copertina non è neanche, alla fine, molto rispettata. Di frequente le si dà la colpa se un libro non vende bene. Sento spesso commenti del genere da parte degli editori: «Il libro è bello, peccato che sia sbagliata la copertina». So che in America, se la prima edizione non vende abbastanza, di norma si cambia la copertina per il tascabile, e in Italia non è diverso. La copertina resta qualcosa di staccabile, intercambiabile. A dispetto del suo potere, se non serve a vendere il libro, non vale niente.
FONTI
l. Febvre, H.-J. Martin, La nascita del libro, Laterza, Bari, 1998
A. Borsani, La claque del libro. Storia della pubblicità editoriale da Gutenberg ai nostri giorni, Neri Pozza Editore, Vicenza, 2019
J. Lahiri, Il vestito dei libri, Ugo Guanda Editore, Milano, 2017
V. Notarbernardino, Fuori di testo. Titoli, copertine, fascette e altre diavolerie, Ponte alle Grazie, Milano, 2020