Come scrivere un romanzo
Di solito si parte da un’idea. Un’intuizione, un’esperienza vissuta, qualcosa che ha lasciato in noi un segno. Ma come andare avanti?
A tante persone almeno una volta nella vita sarà passata per la testa l’idea di scrivere un libro. Ma trasformarla in una realtà non è un percorso privo di ostacoli: dal “blocco dello scrittore”, allo stile e ai personaggi da scegliere, dalla correzione alla ricerca di una casa editrice, vediamo quali potrebbero essere le strade da seguire.
La differenza fra realtà e finzione
Raccontare e raccontarsi è un bisogno antropologico che l’uomo ha da sempre; farlo attraverso un libro significa però anche mettere uno schermo fra quello che si vuole raccontare e quello che il lettore leggerà.
Bisogna sempre tenere in considerazione, infatti, che autore e narratore spesso non coincidono e che anche l’autore in quanto tale è diverso dall’autore-persona-fisica. È però innegabile che l’autore, nello scrivere, proietti qualcosa di sé nel suo lavoro.
Spesso all’origine di un libro non c’è solo la sua necessità di esprimersi, ma anche la volontà di condividere il proprio punto di vista e la propria storia: in poche parole, il desiderio di incontrare l’interesse dei potenziali lettori.
Il rapporto che si instaura fra testo scritto e lettore è di fraternità e identificazione, ma l’autore non dovrà scegliere un genere, dei personaggi e una storia considerando solo il proprio destinatario, anche se ogni scelta di stile, di lessico o di trama diventerà parte di un atto di comunicazione interpersonale.
Leggere cosa è già stato scritto
Il primo passo da fare avviene di solito molti anni prima che maturi la voglia di scrivere un libro, ed è sviluppare un’abitudine alla lettura.
Esattamente come nello sport, per poter essere in grado di scrivere un libro è necessaria una conoscenza tecnica, che si apprende da altri che un libro lo hanno già scritto e lo hanno fatto talmente bene da essere pubblicati e ricordati negli anni a venire.
Ma sviluppare un’abitudine a leggere significa anche accrescere la propria curiosità, e non saranno quindi fondamentali solo i libri cosiddetti “classici”, ma anche quelli dei contemporanei. Così come per il proprio benessere viene consigliata una dieta varia, allo stesso modo le letture che ci daranno gli strumenti per accedere alla scrittura saranno eterogenee nel tempo e nello spazio.
Si trovano online tantissime liste più o meno pretestuose di “libri assolutamente da leggere per diventare un bravo scrittore”, noi vi consigliamo quella di Vanni Santoni in La scrittura non si insegna, pubblicato da minimum fax nel 2020: sicuramente tosta, ma la più completa.
La scrittura non si insegna
Ci accodiamo al titolo del libro di Vanni Santoni appena citato per ribadire che in effetti è difficile insegnare a scrivere bene: si può imparare a padroneggiare la tecnica, ma se il racconto rimane superficiale è arduo arrivare a scrivere un libro che non sia al massimo mediocre.
C’è chi scrive di sera, chi di mattina, chi si impegna a farlo per un po’ ogni giorno, chi scrive e chi riscrive; a questo proposito, si racconta che Balzac arrivasse a consegnare al suo editore talmente tante riscritture delle sue opere che i dipendenti della casa editrice richiedevano di fare “una sola ora di Balzac al giorno”.
Non c’è quindi una strada più consigliata di altre per riuscire a portare a termine questa piccola “impresa” di scrivere un libro: ognuno può trovare la propria; sicuramente, però, arrivare a concludere un libro che possa trovare l’interesse di una casa editrice è un lavoro che richiede di fare precise scelte stilistiche e contenutistiche. Andiamo a vedere quali sono e che aspetto possono dare a un romanzo.
La disciplina necessaria
Arrivare a scrivere un intero romanzo significa aver creato un mondo fittizio, uno spazio-tempo il cui funzionamento è stato orchestrato dall’autore, non importa quanto poi questo appaia destrutturato ed ellittico nella narrazione effettiva.
Farlo richiede molta disciplina, anche se spesso oggi scrivere un libro è più una questione di passione che di necessità; se sono molti quelli che scrivono libri anche per lavoro (come i professori universitari) ed esistono ancora rari casi di scrittori “di mestiere” che cioè vivono solo di questo, molti altri scrivono per motivi personali e intimi.
Al di là della motivazione, ciò che permetterà di portare a compimento l’opera, per tutti, è proprio la disciplina. Per iniziare e soprattutto per concludere la scrittura di un libro, la cosa forse più importante è non lasciarlo perdere, continuare a dedicarcisi in modo quanto più costante possibile.
Come scrivere bene
Incorrere in refusi può capitare a tutti, non è questo che divide chi scrive bene da chi non lo fa. Per scrivere bene, infatti, è necessario conoscere a fondo la lingua che usiamo; un romanzo scritto in un italiano corretto e scorrevole, con un lessico vario e accurato è sicuramente un buon primo biglietto da visita per le case editrici.
Sono sostanzialmente tre le aree in base alle quali può essere giudicata la scrittura di un autore:
- grammatica
- stile
- lessico
La grammatica
Ça va sans dire, il primo requisito per poter iniziare a scrivere un libro e sperare di farlo bene è conoscere la grammatica della lingua che usiamo. E il riferimento non è, ancora una volta, a refusi che possono capitare, ma a errori sistemici che si ripetono e che danno l’impressione di una scarsa consapevolezza del proprio strumento, la lingua, oltre che di sciatteria.
Dubbi amletici sull’uso del congiuntivo o lapsus sulla corretta ortografia non incidono sulla capacità di scrivere bene, l’importante è sempre, soprattutto in caso di dubbi, verificare però che quello che stiamo scrivendo sia giusto.
Lo stile
“Stile” è un termine ombrello con il quale si può indicare tutto e niente. Attenendoci a parametri quanto più possibile misurabili, possiamo dire che lo stile è influenzato da:
- genere del romanzo
- caratterizzazione dei personaggi
- livello del lessico, che può essere basso o alto o una mescolanza di livelli diversi, come in Quer pasticciaccio brutto di via Merulana di Carlo Emilio Gadda
- scelte sintattiche: ovvero come l’autore organizza le parole e le frasi per raccontare la sua storia o esprimere le sue idee; il tipo di sintassi usata si muove fra due estremi:
- ipotassi: da ogni principale dipendono una o più subordinate; uno stile del genere è quello ad esempio dei romanzi dell’Ottocento
- paratassi: in contrapposizione all’ipotassi, consiste nel procedere nel discorso accostando e coordinando più principali; è uno stile che ha preso particolarmente piede in tempi recenti
Una certa consapevolezza dello strumento linguistico e una buona conoscenza della materia del romanzo aiuteranno senz’altro l’autore a costruire una storia coerente e originale. Lo stile è infatti forse ciò che più riproduce il modo di pensare e il punto di vista dell’autore e ancor più che la scrittura in sé, non può essere insegnato.
Leggere molto e l’esercizio della scrittura possono senz’altro aiutare nella ricerca della propria voce: osservare la tecnica, anche stilistica, degli altri, di chi è più esperto e affermato, è un buon modo per capire come esprimere al meglio l’interiorità di un personaggio o come descrivere una sua azione.
La punteggiatura
A cavallo fra grammatica e stile c’è la punteggiatura: l’insieme dei segni di interpunzione che dovrebbero dare ritmo alle parole e modulare il senso della frase, ma che a volte nei manoscritti appaiono come una manciata nebulosa di segni lanciati a caso fra le parole.
La punteggiatura è indissolubilmente legata al senso delle parole stesse: basti pensare a tutte quelle frasi che cambiando la punteggiatura cambiano di significato.
Riprodurre attraverso i segni di interpunzione l’andatura del pensiero dell’autore e coniugarla a un loro corretto uso non è facile. Ogni segno di interpunzione ha un valore di pausa; possiamo quindi distinguere:
- pausa lunga: data dal punto fermo, ma anche dai punti esclamativo e interrogativo. Il primo è anche il segno che delimita il periodo, mentre i secondi sono segni da usare con parsimonia e indicano qualcosa di preciso: un’esclamazione e una domanda
- pausa intermedia, data da:
- punto e virgola: un segno di interpunzione ormai raro nella letteratura contemporanea, viene usato per dividere due o più frasi collegate in un periodo, ma anche per le enumerazioni complesse
- due punti: hanno una funzione soprattutto esplicativa, ma vengono usati anche per introdurre un discorso diretto
- pausa breve, data dalla virgola, che ha anche la funzione di segmentare la struttura della frase
Per indicare nel testo una pausa si possono usare anche:
- i puntini di sospensione: indicano di solito un discorso non concluso e possono essere usati per creare suspence; anche qui non bisognerà abusarne! Se fra parentesi indicano un’omissione nel testo
- le parentesi: più che una pausa vera e propria indicano un inciso, e a volte possono essere sostituiti dal trattino lungo
Altri segni di interpunzione sono:
- i trattini e le lineette
- le virgolette
Questi non indicano una pausa vera e propria nel testo, spesso sono usati per contraddistinguere i dialoghi.
Cosa scrivere?
Certo, saper scrivere in una lingua corretta e chiara, con uno stile definito, meglio se riconoscibile se ci fidiamo del marketing, ha un gran peso, sia nell’eventuale valutazione di una casa editrice che nel gradimento di chi legge un libro.
Ma la parte tecnica della scrittura va inevitabilmente riempita di un contenuto, che dovrebbe essere:
- coerente
- ben strutturato
Queste sono caratteristiche che riguardano soprattutto la trama, che andrà curata indipendentemente dallo stile dell’autore: che la narrazione sia incentrata sulla descrizione, l’azione o la vita interiore dei personaggi, chi scrive deve avere ben chiaro non solo cosa sta succedendo e che valore ha per la storia, ma anche tutto ciò che vi è collegato, passato o futuro.
Come pubblicare un libro?
Chiunque scriva un libro lo fa di solito per una necessità personale, ma spesso questa necessità va alla ricerca sia della condivisione che del gradimento di potenziali lettori. Questo fa nascere nell’autore la volontà di vedere il proprio libro pubblicato.
Fra case editrici che sembrano inaccessibili, altre a pagamento o totalmente fasulle e la tentazione dell’autopubblicazione, non è facile trovare il modo di far conoscere il proprio libro a un pubblico più ampio.
Di base, farsi pubblicare da una casa editrice seria è il primo passo per ottenere qualche riconoscimento e la giusta soddisfazione per il proprio lavoro.
Accedervi non è però scontato: non conta solo il valore del proprio manoscritto, spesso le grandi case editrici tendono a pubblicare autori già affermati o esordienti che fanno già parte dell’ambiente, come chi ha già pubblicato sulle riviste del settore.
Sicuramente va fatta una ricerca ad hoc attraverso i cataloghi delle case editrici, senza inviare il proprio manoscritto indistintamente a tutte, ma solo a quelle che potrebbero essere realmente interessate.
Seguire le regole e rompere gli schemi
Scrivere un libro non è quindi il risultato di un’ispirazione divina, o almeno, nella maggior parte dei casi non è così. È senz’altro frutto di un’idea, un’esperienza vissuta, una tematica interessante, ma questo è solo l’inizio. Perché questo piccolo seme germogli sono necessarie:
- conoscenza della scrittura
- conoscenza dell’argomento di cui si parla
- disciplina
L’equilibrio fra queste componenti è ciò che fa di un manoscritto un libro degno di essere pubblicato. Purtroppo non esiste una formula magica per arrivare da un’idea a una storia, i nostri consigli sono di leggere molto, padroneggiare bene la lingua e rompere gli schemi: scrivere è un’azione troppo intima per poter essere fatta seguendo uno sterile decalogo.
FONTI
E. Albinati, Oro colato. Otto lezioni sulla materia della scrittura, Roma, Fandango Libri, 2014
E. Perini, Scrivere bene (o quasi), Firenze, Giunti, 2011
V. Santoni, La scrittura non si insegna, Roma, minimum fax, 2020
F. Vittorini, Il testo narrativo, Roma, Carocci, 2014