La guerra ai libri: breve storia della censura editoriale

Alcuni sono diventati dei classici, veri capolavori della letteratura, ma prima erano proibiti in diversi Paesi: scopriamo alcuni dei più celebri libri censurati e quelli che lo sono ancora oggi.

Cosa unisce “Il codice Da Vinci” e “Addio alle armi”? Cosa lega “Decameron”, “Madame Bovary”, “Elogio della follia” e la saga di Harry Potter? E qual è il punto in comune tra “La fattoria degli animali” e “Alice nel paese delle meraviglie”? Si tratta di libri censurati, che nel corso della storia sono stati proibiti e, in alcuni casi, lo sono ancora adesso. Dall’invenzione della stampa, infatti, moltissimi testi furono osteggiati per via del loro contenuto, giudicato contrario alle regole morali e religiose, o in contrasto con le idee delle élite al potere. Scopriamo allora alcuni di questi titoli e i motivi per cui sono stati messi al bando.

Libri pericolosi

Che i libri possano essere degli strumenti pericolosi, per la loro capacità di veicolare idee a volte rivoluzionarie, è cosa risaputa. Proprio per questo, la società distopica protagonista del romanzo “Fahrenheit 451” di Ray Bradbury conduce una meticolosa caccia ai volumi che qualche dissidente ancora nasconde illegalmente nella propria abitazione. Nel libro, come nell’omonimo film diretto da Truffaut, le retate della milizia del fuoco, incaricata di distruggere ogni pagina scritta, sono scene cariche di pathos, e non solo per gli appassionati di letteratura. 

Ma i roghi di libri non sono cosa nuova: per secoli il potere dominante ha combattuto e cercato di far piazza pulita di tutta quella produzione culturale considerata colpevole perché in contrasto con le idee che il totalitarismo di turno voleva imporre. Nella Germania nazionalsocialista del Ventesimo secolo, per esempio, si bruciavano le opere di scrittori e scrittrici non tedeschi, di origine ebraica, oppure seguaci del socialismo, nei cosiddetti Bücherverbrennungen (“roghi di libri”), come quello del 10 maggio 1933. 

Parliamo, per esempio, di “Ivanhoe” di Walter Scott, “Oliver Twist” di Charles Dickens, ma anche di  autori come Karl Marx, Sigmund Freud, Bertolt Brecht. O ancora di “Niente di nuovo sul fronte occidentale” di Erich Maria Remarque, censurato anche in Italia nel ventennio fascista perché avrebbe dipinto l’esercito tedesco sotto una cattiva luce, di “Addio alle armi” di Ernest Hemingway e di tanti altri testi divenuti poi del classici della letteratura italiana, come “Il garofano rosso” di Elio Vittorini. 

Pubblicato inizialmente a puntate sulla rivista “Solaria”, il testo subì sequestri e mutilazioni a causa delle sue «espressioni licenziose» e in generale per la sua offesa «alla morale e al buon costume». 

L'indice dei libri proibiti

La guerra ai libri esisteva tuttavia già da prima della censura nazionalsocialista e fascista. La Chiesa cattolica aveva per esempio istituito nel 1559, per mano di papa Paolo IV, un elenco di tutti quei titoli che erano ritenuti contrari alla fede e alla morale. Stiamo parlando dell’“Index librorum prohibitorum”, aggiornato periodicamente dalla Congregazione dell’Indice prima e, a partire dal Novecento, dal Sant’Uffizio. L’organo è stato sciolto nel 1966 e oggi soltanto i testi liturgici, le pubblicazioni per il catechismo o sulla Bibbia, così come le versioni della Sacra Scrittura, sono soggette ad approvazione delle autorità ecclesiastiche.

Nell’Indice, inizialmente, figuravano il “Decameron” di Giovanni Boccaccio, le opere di Niccolò Machiavelli, di Guglielmo da Ockham e di molti altri grandi autori. Con il passare degli anni, si popolò poi delle opere di altri pensatori, tra i quali Vittorio Alfieri, Blaise Pascal, Spinoza, Voltaire, Cesare Beccaria, Giordano Bruno, Antonio Fogazzaro, Simone de Beauvoir, Alberto Moravia, Jean-Paul Sartre, per citarne alcuni. La Chiesa ebbe un ruolo fondamentale anche nel caso di “Ragazzi di vita” di Pier Paolo Pasolini, quando nel 1955 venne censurato per oscenità e il suo autore condannato per pornografia.

La censura nell'epoca moderna

L’editoria ha avuto a che fare con la censura per lunghi secoli e, in alcuni casi, anche oggi i prodotti editoriali possono subire un veto perché affrontano temi controversi, perché si discostano dalla linea di pensiero dominante o vanno in contrasto con alcuni principi religiosi. In questo, ovviamente, giocano adesso un ruolo chiave gli editori, protagonisti di tali scelte. 

È interessante notare tuttavia come tra i libri censurati nel corso della storia troviamo opere che oggi consideriamo veri e propri classici della letteratura, come “Madame Bovary” di Gustave Flaubert, pubblicato nel 1856: il romanzo costò all’autore un processo per immoralità e oscenità, accuse dalle quali venne assolto. Anche “I fiori del male” di Charles Baudelaire dovette fare i conti con la censura, cosa che costrinse l’autore a eliminare sei componimenti nella prima edizione del 1857, considerati oltraggiosi per la decenza pubblica poiché si riferivano all’amore tra due donne.

“Frankenstein” di Mary Shelley fu bandito in Sudafrica durante l’apartheid, mentre “Ulisse” di James Joyce, che uscì a puntate a partire dal 1921 su una rivista letteraria americana, andò fin da subito incontro a numerosi problemi, portando addirittura la casa editrice sui banchi del tribunale. 

Il lessico volgare pieno di bestemmie e insulti razziali ha causato problemi anche a “Uomini e topi”, romanzo breve di John Steinbeck, proibito dapprima in Irlanda e poi in molti altri Paesi, in alcuni addirittura fino al 2007.

Uscito nel 1945, “La fattoria degli animali” di George Orwell è invece uno dei romanzi politici che ha subito più censure in tutto il mondo e oggi è ancora vietato in Kenya, Cina, Emirati Arabi e Cuba.

Prendiamo poi “Alice nel paese delle meraviglie”: esistono numerosi adattamenti per bambini e ragazzi, compresi quelli cinematografici, ma il libro di Lewis Carroll, con il suo immaginario popolato di fantasmagoriche creature, ha colpito e messo alla prova anche il regista Tim Burton, grande amante delle ambientazioni fiabesche. Eppure questa storia non aveva incontrato altrettanto entusiasmo nella Cina degli anni Trenta. Secondo il governo, infatti, elevare gli animali allo stesso status degli uomini era inconcepibile e non avrebbe rappresentato un esempio educativo per i più piccoli. 

Sempre parlando di letteratura per l’infanzia anche “Il mago di Oz” di L. Frank Baum fu proibito in numerose scuole e biblioteche perché la protagonista, Dorothy, avrebbe fornito un modello troppo indipendente a giovani lettori e lettrici. 

Ma più recentemente anche la saga di Harry Potter ha ottenuto critiche così forti da censurare molti capitoli. In particolare, in America l’autrice fu accusata di “promuovere stregoneria e occultismo” e i suoi libri furono definiti “un capolavoro di inganni satanici”. Oggi è ancora vietato negli Emirati Arabi, e anche in Australia e in altre nazioni ci sono stati tentativi di censura, portati avanti da esponenti della Chiesa che non vedevano di buon occhio la stregoneria praticata a Hogwarts.

Infine, un altro libro davvero famoso che non si può leggere ovunque nel mondo è “Il codice Da Vinci” di Dan Brown, ancora censurato in Libano. 

Fonti 

Roberto Cicala, Guerra ai libri. Casi editoriali di censura, Milano, EDUCatt Università Cattolica, 2022
Robert Darnton, Censori all’opera, Milano, Adelphi, 2017

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