Scegliere bene le parole

Scrivere bene significa parlare bene e pensare bene: le storie che leggiamo sono fatte di parole che esprimono direttamente il modo di pensare dell’autore. Per questo è importante sceglierle con cura

Le parole che uno scrittore usa, insieme al modo in cui le dispone nella frase e le fa interagire fra di loro e con il referente della storia, reale o di fantasia, è ciò che lo contraddistingue dagli altri, cioè il suo stile. Un autore può essere riconoscibile grazie al suo stile, ma deve anche essere consapevole che questo ha una relazione con il contesto e il tema. Andiamo a vedere nello specifico come la scelta delle parole, ovvero il lessico, faccia parte dello stile stesso dell’autore.

Stile, registro e lessico

Le parole vanno a costituire quello che è definito lessico, e, a seconda della tipologia di termini utilizzata e del modo in cui questi vengono disposti nella frase, ovvero la sintassi, può variare di livello, dando al testo un registro diverso. Lessico e registro sono poi strettamente afferenti allo stile, un concetto più aleatorio ma rappresentativo del modo di scrivere di un autore.

Stile

In modo ampio, con la parola “stile” si va a individuare quello che è il modo di scrivere dell’autore. Questo comprende molti elementi che variando vanno a dare una specifica forma al testo, come:

  • il lessico, ovvero le parole usate. Da queste dipendono:
    • il tono della narrazione
    • l’atmosfera
    • l’accuratezza delle descrizioni e dei dettagli
  • la sintassi, ovvero come le parole sono organizzate nel periodo e nella frase

Attraverso questi strumenti linguistici, l’autore mette sulla pagina una storia, una riflessione o delle informazioni. E lo fa riproducendo il modo in cui ha pensato queste cose, esprimendo così il proprio peculiare punto di vista e il proprio modo di individuare connessioni e senso fra i vari elementi e fatti.

Per questo lo stile è considerato così intrinseco in ogni autore, perché in poche parole è la sua voce, più o meno camuffata dai personaggi o dal narratore, più o meno vicina al lettore.

Lo stile, riflettendo il modo di pensare dell’autore, riflette attraverso questo anche tendenze o controtendenze più generali, per cui possiamo avere:

  • una propensione per la medietà stilistica, che sta dietro alla presunta omogeneizzazione dei romanzi contemporanei; uno stile del genere da semplice rischia di diventare però semplicistico; la medietà linguistica non implica una medietà culturale alla base: se usato in modo critico, può mescolare sapientemente tono letterario e colloquiale senza venir meno alla comunicatività
  • rifiuto della contemporaneità: la scrittura tende ad essere più simile ai libri del passato, anche nelle scelte lessicali, che saranno più ricercate e auliche; la sintassi sarà più complessa
  • rifiuto della tradizione: in molti autori che hanno iniziato a pubblicare negli anni ’90 si osserva una scelta precisa e deliberata di uno stile basso, parlato; oggi questa tendenza sembra parzialmente riassorbita in una pratica che la contempera con uno stile più normalizzato
  • plurilinguismo: una mescolanza di registri anche molto distanti fra loro in ragione dei personaggi che li usano; è oggi abbastanza raro da trovare 

Registro

Il registro è il tono su cui si accorda la scrittura, e come tale è influenzato da:

  • lessico
  • sintassi

In base a queste due variabili si individuano più tipologie di registro:

  • aulico: si contraddistingue per la presenza di vocaboli colti e un’organizzazione della frase curata ed elaborata
  • formale: in questo caso le scelte lessicali sono curate ma non troppo auliche e la frase è elegante senza essere troppo complessa
  • medio: è la scelta su cui ricade la maggior parte degli autori contemporanei, che scelgono un lessico medio e una struttura della frase semplice
  • basso o colloquiale: si caratterizza per vocaboli di uso comune, tipici della comunicazione orale o anche dialettali, e per una struttura della frase che si avvicina al parlato

Spesso a un determinato registro corrisponde un modo specifico di organizzare le frasi, ovvero una specifica sintassi:

  • ipotassi: i periodi sono lunghi, composti di più frasi subordinate fra di loro; più comune nel registro aulico e formale
  • paratassi: i periodi sono più brevi, composti da frasi coordinate fra di loro da congiunzioni o dalla punteggiatura; più usato nel registro medio e colloquiale

Lessico

Il lessico è l’insieme di tutte le parole e locuzioni di una lingua: il bacino da cui ogni persona può attingere quando parla e scrive, ma anche quando pensa, per trovare la parola o l’espressione più vicina al suo sentire.

Quello italiano ammonterebbe a circa 2 milioni di parole: un’enormità, se pensiamo che un parlante con il diploma di scuola superiore ne conosce in media tra le 20 mila e le 50 mila, ma ne usa quotidianamente solo 6500, il cosiddetto “vocabolario di base”.

Non è una questione di pignoleria o saccenza, ma, banalmente, conoscere molte parole permette di dire molte più cose e in modo più preciso, rendendo la scrittura e la comunicazione in generale chiare ed esatte. Usare consapevolmente un lessico ampio e vario permette all’autore di riportare quanto più esattamente possibile ciò che, prima di scrivere, ha immaginato.

Esiste uno stile perfetto?

Come abbiamo visto, lo stile è la peculiarità di ogni autore e viene definito da equilibri molto variabili fra lessico, sintassi e contenuto.

Non è necessaria una corrispondenza completa fra stile e contenuto, ma in una qualche misura sarà sempre necessario che lo stile vi si accordi, per permettere una lettura chiara e che susciti l’empatia del lettore.

Abbiamo però anche accennato a quanto lo stile non rispecchi solo il modo di pensare dell’autore, ma, nelle sue trasformazioni macroscopiche da un’epoca all’altra, abbia rispecchiato anche quello che era il modo di pensare del periodo. 

Per questo i romanzi classici sono nella maggior parte dei casi così diversi da quelli contemporanei: riflettono un mutare del gusto che rende difficile definire uno stile migliore di un altro, perché si entra nel campo della soggettività.

A grandi linee, uno stile buono potrebbe essere quello che riproduce con esattezza e in modo chiaro il referente del quale l’autore scrive e al tempo stesso coinvolge il lettore nella storia, favorendo un’identificazione o almeno l’empatia.

Le parole sono importanti

Il lessico, quindi, determina in buona parte lo stile di un libro, e quindi di uno scrittore. Saper padroneggiare questo strumento così vasto è il modo migliore per sviluppare uno stile che sia l’espressione peculiare del modo di vedere le cose di chi sta scrivendo.

La via più semplice per farlo è leggere tanto e tanti autori diversi; c’è infatti spesso il rischio di fare scelte lessicali azzardate, pretestuose perché eccessivamente alte. Ingenuità che sarebbero da evitare sono:

  • usare troppi aggettivi
  • abusare degli avverbi in -mente
  • preferire perifrasi a parole semplici: scrivere che “Giulia si fermò a contemplare il satellite del pianeta Terra mostrarsi al culmine della sua sfericità” non è sempre migliore perché più ricercato di dire “Giulia si fermò a guardare la luna piena”
  • costruire frasi barocche: eccedere con le subordinate può togliere chiarezza al testo e il rischio, soprattutto per scrittori alle prime armi, è di perdere il focus del discorso

Come abbiamo ribadito in apertura, scrivere bene è parlare bene e pensare bene, e questo passa necessariamente attraverso le parole che un autore usa. Come diceva Michele Apicella, alter ego di Nanni Moretti in Palombella rossa: «… le parole sono importanti!».

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